Copycat
Chi segue Epsilon (e, naturalmente, ancor più chi segue Italian Red&Gold) sa che sono un appassionato di football americano. La principale lega mondiale di football americano, la NFL, è detta essere una “copycat league” perché spesso, non appena qualcosa di nuovo si dimostra essere di successo per una squadra, tutte le altre squadre cominciano a tentare di replicare l’elemento che ritengono essere il fulcro di questo successo. Una squadra usa un gioco di corsa particolarmente efficace? Aumenterà la percentuale dei giochi di corsa nella lega. Una squadra gioca spesso con i ricevitori molto larghi? Formazioni di questo tipo cominceranno a diffondersi. E molti altri esempi si possono fare, da impostazioni degli schemi di gioco, all’ingaggio di allenatori giovani, al “saccheggiare” il parco allenatori di una squadra particolarmente dominante.
Naturalmente questa non è una prerogativa della sola NFL o del solo football americano (né, a ben guardare, del solo ambito sportivo), ma si trovano molto spesso casi in cui formule che hanno successo in un ambito vengono riproposte in un altro. Così troviamo la NBA che per cercare di risvegliare l’interesse nei confronti della sua stagione regolare si inventa un “trofeo di metà stagione”, le serie minori calcistiche italiane che fanno i playoff per la promozione, la Supercoppa Italiana giocata con la formula della Final Four1 in Arabia Saudita, la FIFA che introduce il VAR. Il vero problema è che molte di queste modifiche vengono fatte, appunto, sostanzialmente sulla base del ragionamento “se ha funzionato là, funzionerà anche qua”. Sicuramente in mercati in cui girano così tanti soldi verranno fatte delle analisi costi-benefici, ma talvolta i risultati sono talmente deludenti che ci si chiede quanto davvero i decisori siano andati a fondo nell’analizzare le cose (e per “andare a fondo” non parlo solo di aspetti economici, ma soprattutto di aspetti culturali e di come l’elemento importato funziona dove è già in uso). Per esempio, nel football americano la booth review di alcune azioni è una realtà da parecchio tempo. Però non tutto può essere rivisto e durante la review il tempo di gioco è fermo; soprattutto, il football è un gioco molto spezzettato, quindi tutto sommato le revisioni delle azioni da parte degli arbitri hanno minor influenza sul ritmo della partita rispetto a quanto ne abbiano in un gioco più continuo come il calcio. È quindi evidente che il VAR ha criticità che la review arbitrale della NFL non ha: spezza il ritmo della partita, riduce il tempo di gioco a disposizione delle squadre (nel calcio il tempo non si ferma) e può essere utilizzato per qualunque cosa (aumentando l’incertezza della partita). Altro esempio: la Supercoppa Italiana appena giocata. Da quasi 20 anni la NFL gioca una o più partite (mai il Super Bowl, però) all’estero. In Messico, in Gran Bretagna, ultimamente in Germania, prossimamente in Brasile, ci sono allo studio altre possibilità come Cina, Australia e Spagna. Messico e Germania sono mercati in cui il football americano è molto conosciuto, seguito e praticato (acquistare un biglietto per la partita di Monaco di Baviera del 2022 era un’impresa impossibile, con una coda online di oltre 500000 persone per 80000 biglietti), mentre la Gran Bretagna ha il vantaggio della comunanza linguistica e il Brasile sta vedendo un forte sviluppo nel football americano. Finora le partite della NFL International Series sono state un successo, mentre la Supercoppa in Arabia ha visto stadi praticamente vuoti. Perché? Perché la NFL ha fatto le cose coi piedi di piombo, sviluppando le partite all’estero nel giro di decenni e andando in mercati dove poteva essere ragionevolmente sicura di incontrare i favore del pubblico e al contempo facilmente raggiungibili da appassionati provenienti da mercati più piccoli, mentre il calcio (la Supercoppa in Arabia è solo l’esempio più recente) ha adottato ottiche che esulano dall’ambito sportivo e che hanno più punti di contatto con quelli economico e politico2. Intendiamoci: non ho nulla contro il fatto che le grandi leghe sportive cerchino un tornaconto economico e non mi illudo che la Serie A e il torneo dell’oratorio prendano decisioni con gli stessi criteri, però è sotto gli occhi di tutti che il tornaconto che veniva ricercato non è effettivamente arrivato.
Quindi: vale la pena copiare? La risposta migliore è “vale la pena osservare gli altri e prendere spunto”, valutando l’opportunità in base ai criteri più corretti. Cambiare idea e prendere una decisione diversa da quella che sembrava tanto bella e invitante potrà essere doloroso ma talvolta può essere salvifico ed educativo.
Anche questa settimana sono usciti due episodi di Epsilon: la puntata di martedì (questa volta era già programmato che fosse quello il giorno di uscita) segna i 50 episodi pubblicati e contemporaneamente il primo anno del vostro podcast preferito, mentre in quella di giovedì approfondiamo il tema degli influencer (più precisamente di come vanno letti i loro numeri) con Simona Casagrande, esperta di digital marketing che lavora per Italia On Line. Fossi in voi non me li perderei!
Vi confesso che quest’idea a me era venuta parecchi anni fa…
Ad essere onesti, anche la NFL in passato ha fatto errori, basti pensare alla NFL Europe gestita come una minor (cosa che non era sostenibile né economicamente né sportivamente - nonostante vi abbiano militato parecchi grandi nomi).