Ultimamente uso molto LinkedIn, o perlomeno lo consulto spesso. Non perché sia in cerca di nuove opportunità lavorative, ma proprio come strumento di informazione e alla ricerca di ispirazione per il podcast e per questa newsletter Sì, va bene, anche per postare le uscite del podcast e dare un’occhiata a quanto vengono visualizzati quei post).
Si dà il caso che talvolta l’occasione di fare un episodio della newsletter o del podcast arrivi proprio da lì, e questo è uno di quei casi.
Ho visto un post in cui veniva citata una frase di Paolo Crepet, frase lunga 56 righe sullo schermo del mio telefono. Parlare di “frase” è in realtà sbagliato, sarebbe più corretto usare la parola “periodo”, visto che la citazione comprendeva una decina di frasi brevissime, che terminavano ognuna con un punto. Riporto la citazione come l’ho trovata:
Perché le cose belle sono difficili
Sono fatte così le cose belle.
Sono belle e difficili.
Per avere una cosa bella devi faticare
Non te la regalano. Quello che ti regalano è la banalità .
La mediocrità. Quella è gratis.
La vita non è andare in un supermercato e non fare neanche la fatica di mettere i barattoli dentro il carrello. E arrivi alla cassa e ha pagato già il nonno .
Questa non è vita. La vita è spingere il proprio carrello, scegliere le cose e pagare. Questa è la vita.
Poi avrai un carrello enorme, meraviglioso, oppure un carrellino
Ma è sempre dignitoso. È il tuo.
E non è quello degli altri…
Ditemi se non sarebbe stata uguale- o forse migliore - scritta così:
Perché le cose belle sono difficili, sono fatte così le cose belle: sono belle e difficili. Per avere una cosa bella devi faticare, non te la regalano; quello che ti regalano è la banalità, la mediocrità, quella è gratis.
La vita non è andare in un supermercato e non fare neanche la fatica di mettere i barattoli dentro il carrello e arrivi alla cassa e ha pagato già il nonno; questa non è vita: la vita è spingere il proprio carrello, scegliere le cose e pagare, questa è la vita.
Poi avrai un carrello enorme, meraviglioso, oppure un carrellino, ma è sempre dignitoso: è il tuo e non è quello degli altri…
Non mi interessa discutere il contenuto, quello che mi chiedo è cosa porti a pensare che per rendere un contenuto più incisivo si debba spezzettare un discorso in mille frasi che potrebbero essere tranquillamente collegate con virgole, punti e virgola e due punti. Forse la versione riadattata che ho proposto è meno incisiva? Non passa il significato che si vuole?
Io non sono un “seguace” di Crepet, non so quanto gli interessi mostrarsi come un guru. Quello che so sicuramente è che Crepet è una persona di grande cultura e sono certo che sappia scrivere e parlare senza fare ricorso a serie di asindeti così lunghe (purtroppo della versione parlata di questa citazione si trovano solo video tagliati in modo da farla risultare esattamente com’è scritta, quindi non so come sia stata pronunciata). Perché quindi non inserire qualche segno di interpunzione in più?
Purtroppo internet ci ha riempito di aforismi (certo, esistevano già prima, ma con internet c’è stata una vera e propria esplosione, al punto che c’è anche chi li inventa appositamente) e un aforisma è tanto più citato quanto più è breve. Non si trovano aforismi della lunghezza di “Ezechiele 25, 17”, normalmente si trovano frasi singole molto brevi e senza subordinate o coordinate. Tra l’altro, buona parte degli aforismi nascono in lingua inglese, la cui struttura è molto diversa da quella dell’italiano: l’inglese tende più alla concisione (keep it short and simple), mentre l’italiano usa normalmente periodi più lunghi; l’abitudine a leggere testi in inglese oche nascono in inglese, però, sta modificando questa caratteristica della nostra lingua e ci sta convincendo che per passare efficacemente il senso delle cose si debbano tenere frasi minime.
È bene cominciare a cambiare questa visione delle cose e riappropriarci del periodo tipico dell’italiano, con le sue subordinate e coordinate, con le sue virgole e punti e virgola, con la fluidità che concede la lettura di frasi più articolate. Nessun sentimento patriottico, intendiamoci, solo la bellezza di riscoprire un modo di scrivere (e di parlare) che consenta di creare significati più complessi.
Le frasi minime lasciamole ai guru (nessuna polemica nei confronti di Crepet, che non conosco a sufficienza), noi usiamo le virgole.
Nell’ultima uscita di Epsilon parliamo di qualità dei contenuti, che passa anche da come ci esprimiamo.