Negli ultimi anni l’ultima settimana di aprile per me ha significato un’esperienza tanto bella quanto stancante: Seridò. Per chi non la conoscesse, è un’iniziativa che si svolge tutti gli anni in quel periodo nel quartiere fieristico di Montichiari, in cui sono allestite decine di stand con giochi e laboratori di ogni tipo in cui i bambini possono divertirsi in modo del tutto spensierato. A gestire tutti gli stand sono tantissimi volontari, soprattutto scout, ma anche provenienti da altre realtà del volontariato, nonché ragazzi delle scuole superiori della provincia di Brescia che in questo modo possono coprire una parte del tirocinio o dell’alternanza scuola-lavoro.
Mentre svolgevo questo servizio avevo ance modo di scambiare qualche parola con i genitori che accompagnavano i figli e uno di questi genitori, vedendo che il gioco che si svolgeva nel mio stand era particolarmente divertente ha chiesto “ma perché non c’è una fiera del genere anche per i genitori?”.
Bella domanda!
Giocare è fondamentale, a qualunque età. Qualcuno ha detto che non smettiamo di giocare perché diventiamo vecchi, ma diventiamo vecchi perché smettiamo di giocare, e io credo che abbia perfettamente ragione. Giocare ci aiuta a mantenere la mente attiva e sempre alla ricerca di soluzioni; qualsiasi tipo di gioco stiamo facendo - strutturato o non strutturato -, per proseguire nel gioco avremo bisogno di pensare una “mossa” che ci permetta di aprirci delle possibilità nuove per il tempo di gioco successivo. Non importa se stiamo giocando a scacchi, a un videogioco o a un gioco di ruolo, il nostro obiettivo immediato sarà poter fare una mossa in più, e questo richiederà un nostro rapido sforzo di fantasia e di previsione delle mosse successive, nostre e dell’eventuale avversario o compagno di gioco. Allo stesso modo, quindi, non importa che il gioco sia cooperativo, competitivo o in solitaria: qualunque sia il numero di giocatori e l’eventuale rapporto che questi hanno fra loro, sarà comunque necessario trovare il modo per andare avanti.
Naturalmente il gioco ha un ruolo particolare quando siamo piccoli, perché i piccoli di qualunque specie giocano per simulare quelle situazioni in cui si potranno trovare da adulti. Anche da adulti, però, il gioco non perde di significato, perché queste simulazioni possono essere rese più complesse e approfondite anche sulla scorta della maggiore esperienza. Tanto da bambini quanto da adulti, inoltre, il gioco può essere usato come sfida ai propri limiti, quindi come momento di conoscenza di sé.
Chi denigra il gioco come “una cosa per bambini” perde occasioni d’oro di mantenere allenata la propria mente e di conoscere meglio se stesso, e nessuna di queste due cose può in alcun modo essere vista come positiva.
A onor del vero, fiere del gioco per adulti esistono, solo che molto spesso presentano giochi complessi. L’attività di quello stand era invece apparentemente molto semplice, ma richiedeva attenzione, coordinazione e pratica. Da adulti non si smette di avere bisogno di giochi di questo tipo, e ogni tanto è anche piacevole abbandonare la complessità per vivere momenti di puro divertimento con cose semplici.
E voi volete diventare vecchi? Non tanto di età, a quello ancora non è stato trovato rimedio, ma di spirito e mente. Io non credo, quindi non perdete l’abitudine di giocare.
Mi scuso per non aver pubblicato la newsletter la scorsa settimana, ma gli impegni sono stati tali che non mi è stato proprio possibile farlo…
Quindi gli episodi di Epsilon che vi presento oggi sono ben 3: quello della scorsa settimana, in cui parliamo di LGBT e produzioni cinematografiche e televisive e i due di questa settimana, la puntata “standard” su un motto e le sue conseguenze negative e la puntata-chiacchierata con Ambra Marcucci, giocatrice di football americano italiana che milita in una squadra statunitense e con cui ho avuto modo di parlare di sport femminile.